Il parto di questo post è stato più lungo e complicato di una tesi universitaria: raccontare tutto quello che vorrei su New York senza scrivere post da dodicimila parole si è rivelato più difficile del previsto, per cui – ovviamente – ho dovuto dividere il racconto in varie parti. Spero di non tediarvi troppo, anche se temo sia una vana speranza.
P.S.: se mi seguite su Instagram noterete che gran parte delle cose le ho già scritte in diretta mentre ero lì. Ho raccolto le foto del viaggio con l’hashtag pretenzioso #vanitynerdny.
La foto si intitola “Brutty” non a caso
Premessa: come (non) ho preparato il viaggio
La vastità delle notizie su New York, l’enormità delle cose da fare, da mangiare e bere è tale che non sapere da dove cominciare è il minimo. Quando i consigli di amici, parenti e blogger hanno iniziato a essere davvero troppi, ho deciso di metterli su una mappa su Google, che mi ha permesso di capire subito le distanze tra i posti in cui volevamo andare o vedere se nei miei dintorni ci fosse un ristorante consigliato da un amico, un Sephora o un parco.
La maggior parte dei posti segnati mi erano stati consigliati in super anteprima da Elisa Pasino, blogger di Valigia a Due Piazze la cui guida su New York, New York al Femminile, è uscita da pochissimo (io l’ho già ordinata qui, ma presto sarà disponibile in tutte le librerie, online e non). Elisa conosce New York davvero molto bene e mi ha suggerito dei posti super, le sono molto grata per avermi girato i suoi consigli e mi dispero ancora per tutti i luoghi in cui non sono riuscita ad andare (ma so che tornerò, prima o poi! Magari prima rapino una banca).
BOM!
L’impatto con New York è fantastico. Soprattutto perché dopo averla vista in centinaia tra film, serie tv e sit-com, la Grande Mela sembra quasi una creatura immaginaria, una città che pensiamo di conoscere ma che non crediamo esista davvero. Poi, quando entri a Manhattan, provi quasi un po’ di commozione. Esiste!
Anche se c’ero già stata nel 2011 (e sì, anche nel 1990 quando ero decisamente troppo giovine per ricordare granché) mi sono commossa di nuovo, deh.
Superato l’impatto iniziale, quello che mi ha colpito (a morte) è stato il caldo: BOM! Trentadue gradi, percepiti trentotto. Alle nove di sera. Circa quaranta mentre aspettavamo la metro (not kiddin’!). Un caldo insopportabile che ci costringeva a vestirci male e a rimpiangere quelle ventose giornate di scirocco siculo. Davvero, non so spiegarvi quanto caldo ho sentito. Ma parliamo d’altro.
Tribeca: il nostro quartiere
Scegliere dove alloggiare a New York può sembrare difficile: ci sono un sacco di zone diverse tra cui scegliere, dentro e fuori Manhattan. Non oso nemmeno impelagarmi in consigli, l’unica cosa che non suggerirei mai è di prendere un albergo nella classica zona di Times Square, tanto amata da noi italiani. Troppo casino, negozi di souvenir e sciagure di questo tipo.
Io non ho trovato niente su Airbnb che mi ispirasse, ma se prenotate con anticipo potete dare un’occhiata a una bella casa e magari risparmiare qualcosa. Noi abbiamo scelto un albergo a Tribeca: il quartiere è ben collegato, vicino a tanti luoghi di interesse e a zone piene di negozi e ristoranti come Nolita e Soho. In più l’ho trovato piuttosto tranquillo, nonostante il periodo, e leggermente più fresco rispetto al pieno centro. Il nostro hotel, poi, era a due passi dal negozio più divertente di New York (sic!), Balloon Saloon, che merita anche solo una rapida occhiata, e al Tiny’s & The Bar Upstairs, un piccolo bar/ristorante in cui ho mangiato i pancake più buoni, probabilmente (o forse erano gli ultimi e mi sono sembrati ancor più deliziosi).
foto fondamentale per dire addio alla mia dignità e a quella di Laura (sorry!).
Musei imperdibili e scelte ardue
New York ha dei musei splendidi. Purtroppo il tempo per vederli TUTTI non l’abbiamo avuto (e forse sarei comunque andata in overdose), per cui abbiamo dovuto fare una selezione, tralasciando per esempio il MoMA che io e Laura però avevamo visto nel 2011. Sarà per la prossima volta!
Il Guggenheim
Il primo museo in cui abbiamo messo piede, sfatti dopo una passeggiata a Central Park con 94°C, è stato il Guggenheim. Celeberrimo per la sua architettura, spesso molti non si filano di pezza la sua collezione. Ho insistito per vederlo perché nel 2011 non c’ero stata, e oggi mi chiedo come abbia fatto a perdermi questo gioiello (in tutti i sensi: il biglietto costa 25$). Abbiamo visto una mostra spettacolare su Moholy-Nagy (pittore, fotografo, grafico: un genio del Bauhaus!) e ci siamo goduti la collezione permanente (l’audioguida è gratis ed è molto interessante). C’era un quadro di Picasso con un gatto e un’aragosta davvero bello!
Il Whitney
Annette Lemieux, Left Right Left Right, 1995.
Qualche giorno dopo abbiamo scelto un altro museo: il Whitney Museum of American Art (22$ ben spesi), nella bellissima location progettata da Renzo Piano (la vista dalle terrazze è sbalorditiva). Attirati dalla presenza di Hopper, non sapevamo di trovare tre piani (o forse di più?) zeppi di arte contemporanea – americana! – meravigliosa. Siamo rimasti dentro un’intera, splendida mattinata, al termine della quale però vedevamo doppio e rischiavamo di svenire dalla fame (alla quale abbiamo rimediato con un Lobster Roll super esoso al Chelsea Market).
Se vi càpita di andare, seguite almeno un tour guidato gratuito: ogni piano ne ha uno a orari prestabiliti e dura circa un’oretta. Per noi è stato davvero utilissimo, oltre che interessante. L’audioguida (6$) invece ve la sconsiglio. Ah, portatevi una felpa e non andate in shorts perché l’aria condizionata è fortissima (mi sono dovuta mettere il K-Way e sembravo una cretina).
Quella specie di ponte è l’High Line. Dietro, lo IAC Building.
Proprio accanto al Whitney comincia l’High Line. Un tratto in disuso di una ferrovia sopraelevata trasformato in un parco lineare meraviglioso. Noi ci siamo andati al tramonto ed è stato davvero stupendo: la vista è bellissima, le piante crescono rigogliose e ci sono panchine e lettini di legno su cui sdraiarsi e rilassarsi. Ogni città dovrebbe avere un posto così!
Dalle descrizioni delle guide non riuscivo davvero a capire che tipo di posto fosse. Forse nemmeno io ho reso l’idea, ma vi consiglio davvero di andarci.
Il MET
Manca il watermark ma la foto è sempre mia, deh!
L’ultimo museo che abbiamo visto è il mio preferito: il Metropolitan Museum of Art. Il MET è il classico museo per cui non è sufficiente una giornata (anche perché spesso chiude alle 17). Basta entrare nell’ordine di idee che è necessario selezionare prima cosa vedere e sacrificare il resto, a meno di non prevedere un secondo o terzo giorno per tornarci.
Per me è una meraviglia: ogni oggetto è esposto con cura, illuminato in modo da enfatizzarlo, e le descrizioni sono chiare ed esaustive. Si spazia dagli antichi egizi a Pollock, dalle fotografie di fine Ottocento alle armature medievali.
Credo che il MET contenga un po’ tutto, da tutto il mondo: sembra che ogni Paese sia rappresentato tra i suoi bellissimi padiglioni. Ci tornerei anche ora, e per di più è gratis: per entrare basta una donazione libera (loro suggeriscono 25$, io ho preferito una via di mezzo acquistando un biglietto per studenti a 12$ alle macchinette automatiche).
Il 9/11 Memorial
Non sono stata al museo dedicato all’11 settembre per mancanza di tempo, ma sono davvero contenta di aver visto il Memorial, costruito sul luogo della strage in memoria delle vittime.
È un discorso delicato questo, che quasi stona dentro questo post stupido e superficiale, ma voglio spendere qualche parola ugualmente. Anche se siete dei cuori di pietra, anche se odiate per qualche motivo gli Stati Uniti o la loro melensa autocelebrazione, dubito che riuscireste a rimanere a occhi asciutti di fronte al 9/11 Memorial. Lì dove c’erano le due torri, oggi ci sono due profonde fontane.
In una l’acqua scorre a filo, silenziosa: è immensa e nera, e camminando lungo il parapetto si possono leggere i nomi delle vittime incisi sopra. Qualcuno ha lasciato una rosa, qualcun altro un fiocco o un fiore.
L’altra fontana ha una cascata d’acqua rumorosa, opposta alla precedente – come fosse un modo diverso di vivere il dolore.
Il silenzio intorno alle fontane era forte, interrotto solo dai cretini che si facevano i selfie in posa davanti ai monumenti. Questa è una cosa che mi ha scioccato e fatto arrabbiare: ho pensato che la gente fosse così stupida e ignorante da non sapere dove si trovasse, perché non trovo nemmeno un valido motivo per estrarre il selfie stick e sorridere davanti al nome di un innocente morto in una tragedia.
In ogni caso è un posto che vi consiglio di visitare, per fortuna era a pochi minuti a piedi dal mio hotel perché ho rischiato di non arrivare a vederlo (per la solita mancanza di tempo, ovviamente).
Concludo qui la prima parte su questo lungo e noioso racconto, mi scuso per la qualità delle foto che ho dovuto abbassare notevolmente per impedire ai vostri computer di esplodere nel vano tentativo di caricarle – vi aspetto anche al prossimo episodio, in cui narrerò delle cose divertenty fatte a New York.
Bacini rosa a voi.
Lenuccia
Posted at 09:29h, 13 SettembreNon vedo l’ora di leggere il resto di questa avventura! L’ultima volta a Ne York è stato nel 2010 e non c’era ancora nulla dove sono crollate le Torri gemelle. Mi ha molto colpito e ho notato anch’io che c’era gente sciocca che si faceva la foto (ii selfie non esistevano ancora per fortuna). Ho saltato il Moma anche se con dispiacere. Il Met ho scoperto anche io che è su donazione, altrimenti sarebbe stato troppo costoso per le mie tasche! Infatti ricordo che non ho fatto neanche shopping di make-up e mi mangio ancora le mani per questo 🙁
gliuppina
Posted at 12:55h, 14 SettembreGrazie Lenuccia 🙂
Se ti può consolare, anche io non ho fatto tantissimo shopping di makeup: ho comprato un po’ di prodotti labbra che volevo provare, questo sì, ma per i miei standard ho preso quasi poca roba, comprata tutta in una volta l’ultimo pomeriggio disponibile. Ho speso tutti i miei soldi in cibo! Alla fine meglio così, sai? Ho mangiato molto bene, per ora quella è la mia priorità! ahahah!
agn
Posted at 13:11h, 13 SettembreCiao! Bellissimo post, grazie! Ti seguo su Instagram e infatti avevo notato le foto bellissime e speravo in un post come questo! anche perche’ abito a Boston e mi piacerebbe conoscere new york un po’ meglio! ho visto che sei passata anche da boston, spero ti sia piaciuta! 🙂
gliuppina
Posted at 12:58h, 14 SettembreGrazie a te! <3
Su Boston mi piacerebbe scrivere qualcosa, penso sia bellissima ma accidenti, quando l'abbiamo visitata eravamo ancora stanchi dal viaggio e non abbiamo visto moltissimo, me ne pento un sacco! ma c'è da dire che faceva un caldo disumano, ci siamo goduti il parco e gli scoiattoli e va bene pure così 🙂
che bello che vivi lì, tu come ti ci trovi?
agn
Posted at 14:11h, 14 SettembreSi, dai! Scrivilo il post su Boston!! Io abito a Cambridge e mi trovo molto bene, questa e’ sicuramente la stagione migliore dell’anno, ti consiglio di venire a fare un giro verso tardo ottobre-novembre, e’ davvero fantastico!
gliuppina
Posted at 14:51h, 14 SettembreMagari, sarebbe un sogno! Già mi immagino i colori dell’autunno 🙂
Viaggio a New York, Episodio II: divertirsi nella Grande Mela - Vanity Nerd
Posted at 14:34h, 16 Settembre[…] Spero stiate apprezzando il titolo anni Novanta di questo post, che riassume un po’ delle cose divertenti che abbiamo fatto a New York e che non posso che consigliarvi, nel caso stiate progettando un viaggio lì. Se vi manca la prima parte, in cui parlo delle robe più culturali fatte a NY, cliccate qui. […]